il pesto alla genovese come patrimonio unesco

Il Pesto alla genovese diventa Patrimonio dell’Umanità … o almeno ci prova – #orgogliopesto

Questa settimana Genova e tutti i liguri si muovono per convincere l’Unesco a riconoscere al pesto genovese la qualifica di “patrimonio dell’umanità”.
Che poi, dico, io questi signori dell’Unesco non li conosco, ma basterebbe fargli assaggiare un bel piatto di trenette al pesto con fagiolini e patate, e secondo me si convincono alla prima forchettata.
Vi lascio qui un articolo, breve ma esaustivo, sul programma della settimana. Se solo in Liguria, nei municipi, si può firmare per sostenere la proposta, tutti quelli che amano il pesto possono partecipare sui social network preferiti usando l’hashtag #orgogliopesto oppure, nella giornata conclusiva di sabato 17 marzo, #worldpestoday.
E ora facciamolo, il pesto, anzi, facciamolo a regola d’arte.
Ecco a voi Sua Maestà il Pesto genovese.
Ingredienti:

  • 4 mazzi di basilico di Pra (una qualità dalle foglie verde tenero, che viene estirpato giovanissimo con tutte le radici)
  • 1 spicchio d’aglio fresco di Vessalico
  • 1 bella manciata di pinoli buoni (perché ce ne sono di tante qualità, ma quelli buoni, una volta assaggiati, si riconoscono al volo)
  • 1 dl. circa di olio evo taggiasco
  • 3 cucchiai di parmigiano reggiano grattugiato un po’ stagionato
  • 1 cucchiaino di sale grosso
  • 1 mortaio di marmo e un pestello di legno

Prima di tutto pulite il basilico, che dovrebbe toccare meno acqua possibile, pertanto selezionate le foglie più pulite, che metterete in acqua per pochi secondi, e lavate a fondo solo quelle con tracce di terra. Asciugatelo bene.
Mettete nel mortaio un po’ di sale grosso e lo spicchio d’aglio, e con un preciso lavoro rotatorio di polso cominciate a schiacciare questi primi ingredienti, cercando di frantumarli al punto da ridurli in crema. Continuate con il basilico, un po’ alla volta, sempre lavorando con il pestello e contemporaneamente facendo girare il mortaio, e ogni tanto aggiungendo qualche granello di sale che non lo farà annerire. Dopo il basilico si mettono i pinoli (e via di polso), infine il parmigiano e per ultimo l’olio, dosandolo a piacere.
A questo punto avrete il Pesto, anche se sarete un po’ distrutti, e sarà passata una mezz’oretta dall’inizio dell’operazione.
Purtroppo a tutt’oggi non è stato inventato un frullino con le lame di ceramica, la qual cosa renderebbe finalmente superato l’uso del mortaio. Il pesto preparato nel frullatore tradizionale (che, come dice giustamente il mio amico Francesco, dovrebbe a questo punto chiamarsi frullo, e non pesto) risente un po’ del contatto, pur breve, con l’acciaio. Come ovviare? Così: mettete le lame del frullino nel freezer per almeno mezz’ora. Con le lame gelate, il basilico non ossida e il colore verde rimane brillante e bellissimo.
Cosa si condisce con il pesto:
Le troffie liguri, gli gnocchi, le lasagne (non al forno!)
Le trenette, universalmente note come bavette (in questo caso metterete a cuocere nell’acqua della pasta un paio di patate tagliate a piccoli pezzi, e una manciata di fagiolini, sempre a pezzettini) butterete la pasta quando le verdure saranno quasi cotte. Così le patate formeranno una cremina deliziosa.
Le modalità di conservazione del pesto sono diverse:
in frigo, si conserva bene tre o quattro giorni, in vaschetta chiusa
si può preparare senza formaggio, riporlo in un vasetto ben coperto d’olio, e così si conserva in frigo anche un mese
si prepara la ricetta completa e si surgela. In questo caso, per porzionarlo, è comodo metterlo nelle vaschette del freezer (quelle in plastica per fare i cubetti di ghiaccio, per intenderci) valutando a seconda delle dimensioni quanto scongelarne ogni volta
NON scongelatelo nel microonde, il pesto deve scaldarsi solo al calore della pasta che andrà a condire!
Strategie: si trova in commercio il pesto senza aglio, una variante che fa accapponare la pelle a qualunque ligure doc. Del resto, capisco che l’aglio possa essere un po’ indigesto. Provate allora a eliminare la parte interna dello spicchio, quella da cui nasce il germoglio, e usare solo la polpa più all’esterno, e ne avrete tutto il profumo senza (quasi) effetti collaterali.
Nota finale: siete arrivati a leggere fin qui, nonostante la lista degli ingredienti praticamente introvabili? Beh, io ho doverosamente indicato i più tradizionali. Potete fare il pesto scegliendo gli ingredienti che avete più a portata di mano e che preferite, ma ricordando una cosa fondamentale: è una salsa cruda, esalta i pregi, ma non nasconde i difetti.
Buon appetito 🙂
Paola

14 pensieri su “Il Pesto alla genovese diventa Patrimonio dell’Umanità … o almeno ci prova – #orgogliopesto”

  1. Nell’Appennino reggiano oltre ai testaroli si fanno anche le lasagne al forno col pesto. Mischiato alla besciamella rimane buonissimo. Però sono d’accordo con te che l’ideale è usarlo a crudo. Col mestiere che fanno i miei, l’aglio crudo è bandito, ma ce ne facciamo una ragione.

    1. I testaroli al pesto sono una specialità della zona a cavallo tra Liguria ed Emilia, e nella preparazione ricordano, molto da lontano, i borlenghi modenesi. Le lasagne al forno al pesto sono molto buone, piacciono anche a me, ma il sapore cambia completamente. Quanto all’aglio, che ha i suoi aspetti negativi, inutile far finta di niente, quello di Vessalico è particolarmente delicato, ma vallo a trovare, se lo tengono in zona e il poco che avanza è molto raro

      1. Io non ho mai avuto occasione di mangiare i famosi borlenghi. I testaroli invece…. Li mangiavamo a Pontremoli la sera, al ritorno dalle escursioni invernali in Liguria. Bei tempi!

        1. Se tu volessi potresti una volta raggiungermi e te li farei assaggiare … forse, perchè non è facile trovare ancora chi li sa fare buoni

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