Salone CSR

Primo non Sprecare nei Quaderni del Salone CSR

Dopo l’intervento al Salone della Responsabilità Sociale di Impresa, ho scritto qualche riga per i “Quaderni”, naturale evoluzione dell’evento.

Per chi ha voglia o interesse a leggere il mio intervento, eccolo:

“Combattere lo spreco alimentare, un impegno per tutti”: questo il titolo dell’intervento che mi ha vista coinvolta nell’undicesima edizione del Salone della CSR e dell’Innovazione Sociale.

Con me sono intervenuti Teresa Materia del Comune di Milano, Paolo Rellini di Regusto e Daniele Scotti di CIRFOOD.

Lo spreco alimentare è, purtroppo, una realtà dei nostri giorni: un terzo di quanto coltivato non si recupera e, di questo, il 13% è considerato perdita, mentre il restante 17% rientra nello spreco, quello che si registra nei negozi, nei mercati e supermercati, nei ristoranti, nelle abitazioni.

Ed è spreco anche l’eccesso alimentare, quel cibo non necessario, consumato per desiderio o per moda, che produce danni alla salute e, di conseguenza, al sistema sanitario.

Quando, nel 2015, durante Expo Milano, si è cominciato anche da noi a parlare diffusamente di spreco alimentare, ci si fermava al valore economico del cibo perduto. Un valore comunque enorme: le ultime ricerche stimano a nove miliardi di euro il controvalore che ogni anno viene buttato, in Italia, letteralmente nella spazzatura.

Piano piano, però, un corretto approfondimento ha messo in evidenza che ogni spreco, anche piccolo, comporta perdita non solo di denaro, ma di risorse preziosissime, come il suolo fertile,  l’acqua dolce, l’energia necessaria per il lavoro, il trasporto e la conservazione, e infine resta anche un rifiuto da smaltire!

Tutto questo produce inevitabile inquinamento, in particolare immissione di gas serra (CO2) responsabili del riscaldamento globale.

Si crea così una situazione drammatica e, paradossalmente, senza uscita: un pianeta più caldo significa più terre deserte e meno acqua dolce. Ogni volta che sprechiamo del cibo, è come se creassimo le ipotetiche condizioni per il consumo di queste risorse e avere sempre meno cibo in futuro.

L’Unione Europea e la FAO sono attente da tempo al problema, hanno stilato protocolli di comportamento virtuosi e scadenze precise entro le quali ridurre in modo significativo la tendenza allo spreco. Secondo le indicazioni dell’UE, entro il 2030 dovremo dimezzare la quantità di cibo sprecato; la FAO, dal canto suo, promuove campagne di informazione sull’argomento.

Lo spreco alimentare che proviene da negozi, supermercati e ristoranti può, oggi, grazie alla legge Gadda del 2016, essere facilmente recuperato e riutilizzato dalle istituzioni e dalle aziende virtuose che hanno deciso di farne un cardine della loro attività.

Teresa Materia ci ha ampiamente illustrato gli interventi del Comune di Milano per recuperare l’invenduto da negozi e mercati e rifornire gli hub alimentari, attraverso i quali viene distribuito gratuitamente cibo fresco e sano a chi non può acquistarlo.

Paolo Rellini ci ha descritto come Regusto, attraverso una piattaforma digitale, recuperi le eccedenze di mercati e supermercati che andrebbero sprecate e le distribuisca a enti e associazioni no profit impegnati a sostegno della povertà.

Daniele Scotti racconta come CIRFOOD, azienda che si occupa di ristorazione collettiva, si sia posto l’obiettivo di non sprecare nemmeno una briciola. Anche in questo caso, con il supporto della tecnologia e dell’intelligenza artificiale, il controllo delle quantità e qualità acquistate è millimetrico per minimizzare gli sprechi e, in progetto, trasformarli in cibo per gli animali.

Se a livello imprenditoriale si può riuscire a fare molto, resta lo spreco alimentare domestico, sorprendentemente più consistente di quello di negozi e ristoranti.

La difficoltà a ridimensionarlo (oggi, ogni famiglia italiana spreca mediamente mezzo chilo di cibo alla settimana) deriva da fattori ben precisi:

  • il cibo costa poco (paradossalmente, costa meno l’indispensabile del superfluo)
  • Il cibo non viene percepito come bene primario, qual è, ma come bene di consumo. Questo messaggio è molto potente, e lo comprendiamo tutti quando, dentro un negozio o un supermercato, gli scaffali pieni e le ceste di frutta e verdura traboccati di merce, danno la sensazione di una illusoria abbondanza
  • Lo spreco domestico è fatto da quantità di cibo molto piccole (un frutto ammaccato, uno yogurt scaduto, un panino raffermo). Il debole atto di buttare via quella piccola quantità non ci rende consapevoli che questo impercettibile gesto, ripetuto ogni giorno in tutte le case italiane, alimenta uno spreco il cui complessivo valore è impressionante (75 tonnellate per 9 miliardi di euro di controvalore)

Pensare che fino a 40, 50 anni fa non si sprecava nulla! In un mondo molto più piccolo, dove si mangiava il prodotto del posto e secondo la corretta stagionalità, si faceva la spesa da produttori vicini, conosciuti, ed erano noti i pochi chilometri percorsi dal cibo per arrivare, dal campo, sulla nostra tavola.

Non si trattava quindi di condizioni di scarsità di mezzi economici, ma di una cultura che, rispettando il cibo, rispettava chi si preoccupava di produrlo, trasportarlo, conservarlo, venderlo.

Un rispetto che portava a una perfetta economia circolare, più diffusa nelle campagne, ma attiva anche nelle città, dove la tendenza a riutilizzare aiutava a trovare una soluzione anche quando questa non era scontata.

Gli attuali interessi economici non permettono di tornare a un’economia circolare di così larga scala, ma l’attenzione per l’ambiente e la salvaguardia del Pianeta, invece, lo richiedono.

Si può uscire dal consumismo più sfrenato in modo indolore, semplicemente fermandosi un attimo a guardare quello che stiamo per sprecare, e valutare che nuova strada può prendere. Spesso è più facile di quanto sembri.

Così nel contrasto allo spreco alimentare domestico, i suggerimenti per dare una seconda possibilità ad avanzi e scarti è una soluzione creativa, indolore, spesso molto gustosa, e un grande aiuto per la natura.

A chi si sente molto “sprecone” e pensa di non poter affrontare un cambiamento nelle abitudini, consiglio di cominciare da un alimento alla volta, arrivando piano piano e serenamente a non sprecalo più, per poi rivolgersi a qualcos’altro.

È oggi indispensabile trovare un giusto punto di equilibrio che ci porti a guardare tutte le risorse con occhio rispettoso e lungimirante. Davvero un impegno per tutti.

6 pensieri su “Primo non Sprecare nei Quaderni del Salone CSR”

  1. Complimenti Paola lo dico senza piaggeria, si va creando un corto circuito tra l’economia e un sano agire e credo che
    ” l’attenzione per l’ambiente e la salvaguardia del Pianeta” dovrebbero tornare ad essere prioritari perché diversamente non riesco a immaginare un futuro per le prossime generazioni. Ti abbraccio con affetto Buona giornata cara Paola🌧☂️

    1. Io sono mezza emiliana e lì riciclano tutto tra animali e compost per l’orto, altro che raccolta dell’umido. Però il segreto delle lasagne …

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